domenica 28 giugno 2015

Un nuovo giuramento (2)

Badando a restare nell'ombra il più possibile, la ragazza si avvicinò all'entrata della taverna. Aveva appena azzoppato un uomo in maniera alquanto cruenta, eppure si era sorpresa a realizzare quanta poca impressione le facesse la cosa. "Un coniglio, né più né meno. Forse un maiale. Puzzava proprio come quel bastardo di Roikos".

Un fascio di luce fioca fuoriusciva dagli stipiti del locale, portando con sé la calura e gli effluvi di ore di gioco e bevute. Atalanta si era tenuta ben lontana dalla luce, appiattita lungo la parete ad appena un passo dalla porta. E lì aveva atteso. Non per molto, per fortuna, giusto il tempo di sentire un paio di urla e un trambusto di tavoli rovesciati. 
Neleo era uscito poco dopo, seguito da Roikos. Barcollavano entrambi e ridevano sguaiati.

«Quell’idiota di Lisippo l’abbiamo proprio ripulito!», aveva biascicato Roikos, grattandosi una guancia butterata.

«A vincere contro un bifolco del genere non c’è quasi gusto. Ma con questi magari riusciremo a trovarci un passatempo più sfizioso!». E Neleo aveva fatto tintinnare un sacchetto pieno di monete, suscitando un’altra grassa risata dell’uomo-rettile. 

Atalanta si era messa a seguirli, pugnale in mano e passo felpato. Aveva dovuto fermarsi davanti ai più squallidi bordelli della città, udire i gemiti più sconci e le imprecazioni più sporche, ma alla fine, mentre Roikos si dava ancora da fare con una puttana dalla pelle nera, Neleo era uscito, aggiustandosi la tunica sulla spalla e passandosi una mano tra i capelli neri e unti. Aveva ripreso la strada che portava all’acropoli, il punto più alto della città, e Atalanta gli era andata dietro nell’ombra.

Era riuscita a seguirlo fino al palazzo senza troppi problemi: finalmente tutti erano andati a riposare, persino la dea Selene aveva avvolto la sua candida luce in un letto di nuvole nere. Atalanta aveva visto Neleo imboccare l’entrata principale tra due immense colonne, ma soltanto quando si era trovata a una ventina di passi di distanza la ragazza si era accorta che l’ingresso era piantonato da quattro guardie. Non sembravano particolarmente attente, ma erano pur sempre armate. 

Nascosta al buio dietro il tronco nodoso di un vecchio ulivo, Atalanta si era messa a studiare la situazione: di certo non avrebbe potuto uccidere neanche una delle guardie senza venire scoperta e non sembravano esserci altre entrate oltre a quella sulla facciata.

Quella notte però gli dei sembravano esserle favorevoli. Dopo un po’ aveva visto comparire da dietro l’angolo destro del palazzo una schiava. Portava un vassoio pieno di fette di pane e formaggio, la cena dei soldati. Compiuto il suo servizio, la schiava era tornata sui suoi passi e Atalanta le era andata dietro con l’andatura di un felino, curiosa di vedere da dove era uscita. 

Fu così che si era ritrovata davanti alla porta di quello che sembrava un enorme magazzino, proprio sul retro del palazzo. La porta era scardinata. Mentre si intrufolava tra i corridoi del palazzo, ombra tra le ombre, Atalanta aveva più volte ringraziato il dio Hermes, protettore dei ladri, per il suo favore. Anche se il suo scopo era ben diverso dal guadagnarsi una consistente refurtiva.

Non un’anima si aggirava tra quelle inquietanti pareti annerite da macchie di fuliggine. Nonostante l’ora tarda, le stanze riecheggiavano ancora di voci che, ora sommesse, ora concitate, spezzavano a tratti la pace soffusa della notte. Atalanta le aveva seguite, fino ad arrivare a una piccola porta, proprio dietro un grosso scranno di marmo. Al di là di essa c’era la sala più grande e magnifica che Atalanta avesse mai visto. Due uomini parlavano tra loro al centro della stanza, vicino ad un grande braciere. Uno di questi era Neleo.

Continua...

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