domenica 5 luglio 2015

Un nuovo giuramento (3)

Atalanta aveva sentito il cuore balzarle in gola e le mani fremere per il desiderio di afferrare il pugnale e lanciarglielo dritto tra le scapole. Ma poi di certo un manipolo di guardie l'avrebbe assalita nel giro di un paio di battiti del cuore. Quella breve esitazione le aveva  permesso di capire che cosa i due stessero dicendo.

L’altro uomo parlava a Neleo con una certa preoccupazione: «Sei sicuro che non ci siano testimoni?».

«Roikos si è occupato a dovere dell’unica testimone, una ragazzina con i capelli rossi. Avresti dovuto vedere come si agitava! – aveva aggiunto Neleo con un ghigno – L’avresti detta figlia di Ares in persona!». Una risata tagliente aveva fatto gelare il sangue nelle vene di Atalanta.

«Ti prego, non dire altro, fratello! Risparmiami i dettagli di altre inutili morti. Se solo quella folle di Polimede avesse parlato, queste vite si sarebbero potute risparmiare. Che ricadano sulla sua coscienza, non sulla mia.».

«La coscienza. Che cos’è la coscienza se non un freno ai poteri dell’uomo? Una vocina fastidiosa, che distrae dall’unico, vero fine della vita mortale: la felicità. Dai pace al tuo cuore, Pelias. Quel che è stato non si può cambiare e andava fatto, lo sai bene. Adesso hai il corpo che ti serve per la cerimonia di domani: nessuno si accorgerà della differenza. Ad ogni modo il sudario  celerà ogni possibile fonte di dubbio.».

L’uomo di nome Pelias scuoteva la testa ad ogni parola e, per quanto sofferente fosse la sua espressione, non era minimamente paragonabile all’orrore che era piombato su Atalanta. 

Era di suo fratello che stavano parlando, questo lo aveva capito fin troppo in fretta. In un attimo la speranza di ritrovare il bambino era sfumata e l’immagine del suo corpo esanime andò ad unirsi al ricordo del giorno di sangue e violenza a cui era sopravvissuta. Aveva a stento trattenuto un conato di vomito, le orecchie avevano iniziato a fischiarle, mentre tutto attorno a lei girava come in un incubo. 

Si era precipitata fuori, uscendo da dove era entrata, in cerca d’aria che le purificasse i polmoni dalla putredine di quella casa maledetta. Si era gettata in una macchia buia, poco distante dal palazzo, e aveva smesso di reprimere i conati. Più lo stomaco si liberava, più la testa le si appesantiva. "Nessuno. Sola." Erano queste le uniche due parole che continuavano a rimbalzarle tra le tempie. 

Poi aveva sentito i sensi abbandonarla, ma in qualche modo la sua volontà non glielo aveva permesso. Si era costretta ad allontanarsi, anche se le gambe le tremavano come foglie al vento. Tutto intorno a lei si era trasformato in un vortice, tanto che a un certo punto non si rendeva più conto se stesse camminando sull'erba o sulle nuvole. 
Eppure aveva continuato a camminare, poi a correre e a tratti barcollare, finché la terra non aveva ceduto sotto i suoi piedi, inglobandole dita e sandali. Senza sapere come, Atalanta si era ritrovata sulla spiaggia, proprio davanti all' impalcatura per un rogo funebre. Il rogo per suo fratello. Ecco per chi si stavano dando tanto da fare tutte quelle persone. Poveri idioti: tutti a preparare una gran cerimonia per il figlio di un cacciatore.

Atalanta era rimasta lì, sulla sabbia umida e fredda, per un tempo interminabile, lo sguardo fisso sulla costruzione di legno. Avrebbe voluto gridare al mondo intero l’inganno di Pelias e i delitti di Neleo…ma a cosa sarebbe servito? Una ragazzina che accusa uomini potenti e armati sarebbe stata derisa dal popolo nel migliore dei casi, o trucidata come un capretto all’altare nel peggiore. 

Si era seduta, le braccia strette attorno alle ginocchia, e aveva provato a chiedere perdono ai suoi genitori, per non essere stata capace di salvare suo fratello, per essere stata troppo lenta. Ma soltanto la voce del mare le rispose. Una voce quieta e potente a un tempo, profumata di salsedine, che la trascinava via da tutta la morte che aveva assaggiato in meno di due giorni e le ricordava di essere ancora viva. E non senza motivo.

“Almeno avrai una pira da re, marmocchio. Che Persefone ti accolga.”, aveva pregato, mentre lasciava che il rumore delle onde le cullasse l’anima. 

Quando finalmente era riuscita a ritrovare la lucidità, Atalanta si era incamminata a passi lenti verso il colle sovrastante la costa e si era accasciata tra le sterpaglie, cercando il riposo per le poche ore che rimanevano della notte. Era invece rimasta intrappolata in una veglia stordita, costellata di immagini inquietanti, lacrime e pensieri di odio che il primo raggio di sole all’orizzonte faticò a spazzare via.

Aveva assistito alla costruzione della pira, alla deposizione del corpo di suo fratello tra le braccia di quell’uomo, quel cadavere sconosciuto con la maschera d'oro e al discorso di Pelias, ma i suoi occhi erano rimasti continuamente fissi su Neleo e su Roikos accanto a lui. 

Pensò che gli dei l'avessero abbandonata, quando non riuscì in alcun modo a tendere la corda dell’arco. Ne fu convinta, quando sentì una mano possente posarsi sulla sua spalla, accompagnata da una voce gutturale. 

Continua...

Nessun commento:

Posta un commento