domenica 29 novembre 2015

Libera (7)

Il cortile sud del palazzo riecheggiava del latrato di tanti cani che si avventavano sulle cosce di montone brandite da Arkil. Lo schiavo si agitava terrorizzato tra quelle bestie fameliche e alla fine fu costretto a gettare loro tutta la carne del vassoio, temendo che i suoi polpacci finissero in qualcuna di quelle fauci. 

Eeta guardava la scena compiaciuto e divertito. Si accarezzava la barba intrecciata e annuiva. «Devo dire che hai fatto un ottimo affare, mia cara. Sono delle bestie magnifiche, snelle, agili, dal manto lucido e il carattere vivace.»

«Sono lieta che ti piacciano, mio signore.». Idia gli stava accanto, molto meno divertita dalla scena. 

«Dodici cani per una sola schiava. Un prezzo più che generoso. Ma dimmi, a cosa devo un regalo tanto gradito?». Eeta adesso squadrava la sua sposa da capo a piedi. I latrati erano cessati, si sentiva soltanto il rumore della carne strappata e delle ossa frantumate dalle mascelle canine.

Idia sfoderò il suo sorriso più affabile. «Una donna deve forse avere un motivo per compiacere il suo sposo?».

«Certo che no, mia cara.» Eeta portò una mano dietro il collo di Idia e le avvicinò il viso fino a baciarle la bocca. Continuò a sorridere anche mentre le sue dita cominciarono a tirarle i capelli dietro la nuca. «Ma non osare mai più privarmi di un mio giocattolo, o farai la fine di quel montone.», la minacciò. 

Idia emise un grugnito e sentì le lacrime salirle agli angoli degli occhi. Riuscì comunque ad annuire e solo allora il re la lasciò andare soddisfatto.

«Una muta davvero magnifica», commentò Eeta ad alta voce, per poi voltarsi e sparire nei meandri del palazzo.



Idia piangeva, massaggiandosi il collo. Eppure non si era mai sentita tanto sollevata.

domenica 15 novembre 2015

Libera (6)

Il sole era già alto nel cielo quando Altea fece ritorno. Sedeva su un carretto trainato da mulo attempato, insieme a un uomo massiccio dalle nocche nodose. Dietro di loro, un ragazzo stava seduto a braccia incrociate, anche lui robusto, in tutto simile all'uomo che teneva le redini, salvo che per il colore della pelle, leggermente più scura. Era cresciuto molto dall'ultima volta che Altea lo aveva visto.
Quando il carro si fermò a pochi passi da Idia e Thalia, Altea scese con più agilità di quanto si sarebbe dovuta concendere. Una fitta alla schiena venne a ricordarle la sua età. 

«Perdona il ritardo mia signora, ma la moglie di Dioneo aveva qualche remora sulla nostra destinazione.», si giustificò, sorridendo ai borbottii del grosso contadino.

Anche lui e il ragazzo saltarono giù dal carretto per rendere i loro omaggi alla regina. «Mia moglie non ha tutti i torti, però. La Fo...».

«Hai già dimenticato le mie raccomandazioni, Dioneo?» Altea lo interruppe prontamente. Essere costretta ad alzare la voce la irritava sempre. «Sarai sordo e cieco durante questo viaggio, nonché muto, ora come al tuo ritorno.».

«Perdonami, saggia Altea, l'età irrigidisce la mente e scioglie la lingua, si sa.».

Altea gli concesse un sorriso di perdono, anche se avrebbe tanto voluto colpirgli la testa col suo bastone d'ebano.
«Siamo pronti per partire, mia signora.» Annunciò poi ad Idia. Per un attimo credette di vedere Thalia svenire, tanto era impallidita. Ma non accadde. La regina, invece, le si avvicinò con aria preoccupata, torcendosi una ciocca di capelli tra le dita.

«Rispetterò i miei propositi e non ti chiederò dove la porterai. - le sussurrò a un orecchio - Promettimi solo che sarà al sicuro. Ti prego.».

«Al sicuro e libera, regina.».

«Molto bene, allora.» Idia si allontanò, continuando a torcersi i capelli tra le dita. «Mi duole non poter venire con voi, ma se tardo ancora, il re comincerà a chiedersi dove sono, o peggio, manderà qualcuno a cercarmi.».

Altea annuì. Si era aspettata un'eventualità del genere. «Lascia almeno che Thestios ti scorti sulla via del ritorno. Penserò io a tutto.». Tese una mano a Thalia, accompagnando il gesto con un sorriso.

Ma la ragazza si strinse alla regina, le afferrò il braccio con entrambe le mani, sperando forse che nessuno avesse il coraggio di strapparla via dalla sua padrona.
Idia si chinò sulla sua ancella, ancora leggermente più bassa di lei, le scostò una ciocca riccioluta dal viso e glielo accarezzò, come farebbe una madre con una figlia.

Altea distolse lo sguardo, come se in qualche modo avesse potuto violare quel momento di tenerezza. Fece segno a Thestios, il solido figlio di Dioneo, di attendere lì accanto a lei, finché gli addii non fossero stati detti e le lacrime asciugate. Finalmente, Thalia si inchinò un'ultima volta fino a baciare i sandali della regina. Quando si rialzò, il volto era asciutto, la fronte liscia e le labbra ferme. Un passo dietro l’altro, raggiunse il carro e andò a sedersi nel vano posteriore, pieno di attrezzi da falegname.

«Sarà meglio andare, Venerabile Madre. Se non sono a casa per il tramonto, la mia sposa mi accoglierà a colpi di scopa.», avvertì Dioneo. «Gli dei ti proteggano, mia regina. Mio figlio di certo lo farà.». E con un inchino a Idia e una pacca sulla spalla di Thestios, il contadino andò a riprendere le redini dei muli.

Altea alzò i palmi al cielo a salutare la regina. «Non ti angustiare, mia signora. Mi prenderò molta cura della tua protetta e serberò il segreto. Lo faremo tutti.».

«Ne sono convinta.» Idia rispose con lo stesso saluto. «Non potrò mai ringraziarti abbastanza, saggia Altea.».

«Non ne avrai bisogno.» Così dicendo, anche Altea prese posto sul carro.

Quando finalmente partirono, Thalia rimase con la testa nascosta tra le braccia strette attorno alle ginocchia. Non si voltò neanche per un ultimo sguardo alla sua regina.  Sembrava non voler vedere niente di tutto quello che le accadeva intorno.

Continua...

domenica 1 novembre 2015

Libera (5)

In un altro momento Thalia avrebbe amato quell’abbraccio, ne avrebbe goduto ogni istante, tanto rare erano le occasioni per esprimere il suo affetto alla padrona. Ora, invece, se ne stava rigida, paralizzata dalla rabbia. Non aveva deciso lei di “unirsi e procreare”, lei non lo voleva quel bambino. La voce nella sua testa divenne un grido tagliente, tutti i suoi più oscuri desideri tornarono ad affastellarsi nella sua mente, così vividi che, se avesse avuto un coltello, Thalia avrebbe trovato la forza di attuarli. Perché, perché avrebbe dovuto sopportare tutto questo? Perché avrebbe dovuto vivere in esilio, lontana dall’unica parvenza di famiglia che avesse mai conosciuto? Calciope…Il pensiero andò a lei e realizzò che non l’avrebbe più rivista. E poi come avrebbe vissuto? Con chi? Sarebbe rimasta sola con l’incarnazione dell’uomo che l’aveva condannata.

Thalia si staccò dall’abbraccio della regina con uno strattone, ma riuscì a trattenere la furia fra i denti. Forse poteva ancora convincerla. «Mi signora – supplicò - deve esserci un altro modo. Non devi liberarmi di te, ma di questo.», e si artigliò il ventre con una mano. «Ho sentito altre schiave parlare di pozioni, rimedi…Sono ancora in tempo, non è troppo cresciuto perché abbiano effetto. Allora potrei tornare con te e tutto tornerebbe come prima! Non accadrà mai più, te lo prometto. Starò al fianco di Calcìope giorno e notte e il re non si accorgerà neanche della mia presenza.». Una valanga di parole, il tono concitato dell’ultima preghiera, come quella di un condannato a morte.

Adesso era Idia a fissarla un misto di orrore e compassione. «Tu non sai quello che chiedi, piccola mia. Non puoi uccidere la vita che ti cresce dentro senza uccidere anche una parte di te. Potresti pentirtene per il resto della tua vita.».

«Sono pronta a correre il rischio!».

«E se anche dovessi liberarti del bambino, di tuo figlio, che cosa faresti dopo? Eeta continuerebbe a tormentarti, saresti sempre una schiava e la mia protezione non varrebbe niente di fronte al comando del re.»

A questo Thalia non sapeva cosa rispondere, così Idia continuò. «Tua madre conosceva i pericoli che correva, dandoti alla luce, ma decise lo stesso di tenerti, soltanto per provare la gioia di stringerti tra le braccia, anche solo per poco. Io provai a nasconderla, ma ero giovane e ingenua e non ci riuscii. Quando fu portata via, mi fece promettere di prendermi cura di te. Ora ti sto dando la libertà, ed è il dono più grande che possa farti. Da oggi sarai tu a decidere della tua vita…e della sua.». La regina pose una mano su quella di Thalia, ancora poggiata sul ventre. Per un lungo istante le iridi verdi-azzurre della regina si incontrarono con quelle nere dell’ancella, e poi fu lei a cercare di nuovo l’abbraccio di Idia. 

Continua...