domenica 13 dicembre 2015

La foresta dei morti

Per molto tempo, solo il rumore della sterpaglia scricchiolante venne a rompere il silenzio che era calato sui tre viandanti. Il contadino, ad un certo punto, decise di dare inizio a un fischiettio alquanto irritante, che tuttavia non sembrava infastidire Thalia. Per un attimo, Altea ebbe il sospetto che si fosse addormentata con la faccia affondata tra i gomiti. Finché non la sentì tirar su forte col naso.

«Di solito gli schiavi liberati festeggiano, cantano, ridono. Non ne ho conosciuti molti, a dire il vero, ma immagino che nessuno apparirebbe così disperato.» 

Thalia singhiozzò ancora. E ancora. Al terzo singhiozzo, Altea si alzò, instabile sul carretto in movimento e, scavalcando il sedile, andò a raggiungere la ragazza nel vano posteriore.

«Sono qui per aiutarti, Thalia. Ma se non parli, non c'é modo che io ci riesca.»

A poco a poco, lentamente, la massa di ricci neri fece spazio a un viso rosso e rigato di lacrime. «Liberami, mia signora.»

«Sei già libera.»

«Da questo!» Thalia si artigliò la pancia con una specie di ringhio. «É il solo aiuto che voglio.»

"La ragazza é più tenace di quanto non appaia." pensò Altea. «Non ci hai già provato da sola?» Con gli occhi indicò le ferite alle braccia, che prontamente Thalia celò, serrandole contro lo stomaco. Davanti alla regina, Altea aveva finto di non notarle, ma adesso era inutile continuare a tacere. Se doveva occuparsi di quella ragazza, dovevano fidarsi l'una dell'altra. Ciò significava che la sacerdotessa doveva sapere di cosa la sua nuova protetta era capace.

Ma Thalia si chiuse di nuovo nel suo mutismo e non rispose. Evidentemente non era ancora arrivato il momento delle confidenze.

Altea appoggiò la schiena contro le pareti del carretto, si riordinò la crocchia di capelli grigi e scacciò una mosca dal suo velo immacolato. «Tu credi agli dei, Thalia?»

«Quali dei?». C'era un sarcastico astio nel tono della risposta.

«Quelli di cui poi udire la voce. Tutti possono sentire la voce degli dei, anche se i più non sanno ascoltarla. Non la riconoscono e la ignorano come farebbero con fastidioso ronzio di una mosca. Tu sai di cosa parlo, non é vero?»

«Io sento solo demoni, mia signora, e dei più mostruosi.». Di nuovo gli occhi di Thalia si fecero lucidi.

Altea invece sorrise, per nulla impressionata dai toni macabri della ragazza. «Oh, ai demoni piace giocare con le menti umane. Rabbia, Paura, Vendetta, sono figlie delle tenebre, le puttane di Ares il Distruttore, e urlano per sovrastare le voci dei Celesti. Ma é dietro questi strepiti che troverai la verità». La sacerdotessa si avvicinò a Thalia, tanto da poter fissare lo sguardo nel suo. «Perché sei arrabbiata? Di che cosa hai paura? Di chi vuoi vendicarti?»

Thalia guardò in basso. «Per colpa di questo bambino ho perso tutto.»

C'era ancora tanto che non diceva, ma non aveva importanza. «Sbagliato. É grazie a questo bambino che hai guadagnato tutto. La vita, la libertà ti sono state garantite grazie a questo bambino.»

Adesso Thalia la guardava come se avesse davanti una pazza. Non era la prima volta che le capitava, ma Altea non demorse. «Ancora non capisci, ragazza mia? Perché credi che i demoni ti riempiano la testa di pensieri nefasti, se non per spingerti a liberarti di un dono? É questo ciò che fanno: rendono gli uomini ciechi alle opportunità, li portano a disprezzare i doni che hanno e quando non é rimasto più niente da togliere, si impossessano della loro anima e li controllano come marionette.»

«Perché mi dici questo? Tu non mi conosci. Non sai niente di me!»

«So quanto basta.». Altea prese Thalia per un polso e la costrinse a stendere il braccio e a mostrare le ferite. «Qualunque altra donna nelle tue condizioni sarebbe morta, o almeno avrebbe perso la sua creatura...»

«Non é una mia creatura!», ribatté Thalia rabbiosa, ritirando il braccio.

Altea espirò forte, allargando le narici come le froge di un cavallo. «Rispondimi, allora: come é possibile che questo bambino sia sopravvissuto nonostante i tuoi tentativi di distruggerlo?»

«Non lo so.», fu la risposta, accompagnata da uno sguardo di sbieco.

«Gli dei lo sanno, invece.» Finalmente Altea poté tornare ad appoggiare la schiena al carretto, proprio mentre Dioneo guidava i muli sulla soglia di una foresta.

Il cielo si era d'improvviso oscurato. Thalia sollevò il viso per godere un po' della frescura regalata da platani e querce. Ma non vide rami frondosi agitati dal vento. Tutto era bianco e livido, lì dove doveva esserci il verde. Gli alberi c'erano, anche se dai loro rami non penzolavano liane, ma ossa umane, che emettevano un macabro ticchettio ad ogni folata. Le cortecce erano ricoperte di teschi, mani e piedi ossuti, resti polverosi di quelli che una volta dovevano essere uomini, donne, forse anche bambini. Cadaveri antichi sorridevano ai tre sul carretto da ogni parte.